L'indipendenza economica
Mi sono trovata spesso a ripensare a cosa avrei fatto in un altro tempo e con altri strumenti in mano.
Ero vicina alla maturità. Mai rimandata nè bocciata. Un curriculum di studi perfetto tranne che per il costante otto in condotta.
A marzo del 1977 cominciai a pensare al lavoro consapevole che il mondo lavorativo aveva ben poco da offrirmi. Su indicazione e consiglio dei maestri elementari e dei professori delle medie, avevo "scelto" un indirizzo tecnico-professionale che mi avrebbe fatto diventare un ottimo ragioniere ma detestavo anche solo l'idea di un ufficio chiuso, o di una banca o di uno studio qualsiasi.
Avrei voluto viaggiare o lavorare nel sociale ma non avevo la preparazione giusta e...
e mi passò la voglia di studiare
Smisi di andare a scuola e a nulla valsero le arrabbiature o i musi lunghi o tutto il resto.
Fui ammessa a maggioranza all'esame grazie al curriculum perfetto. Lo scritto di spagnolo fu il migliore di tutta la sessione e così pure quello di italiano. L'orale di ragioneria? Portai ragioneria come prima materia orale. Un suicidio. Ma io sapevo di sapere.
Ricordo che il professore membro interno, la nostra prof di spagnolo, era felice nel vedermi tener testa al prof di ragioneria che mi infilava domande trabocchetto una dietro l'altra per poi arrendersi di fronte alla mia perfetta preparazione.
Io ero riuscita a fare della Ragioneria e del Diritto delle materie tutt'altro che "rigide" e me le ero ricucite addosso alla mia maniera conoscendone ogni risvolto.
Secondo orale: italiano. Scena muta. Erano cinque anni che non aprivo un libro. A me non interessava e non mi era mai interessato sapere chi era questo o cosa pensava quello. Avevo sempre tenuto la media alta con gli scritti e la prof non si era mai accorta di quanto io non avessi mai studiato.
Scena muta. Ho finto di non ricordare più niente e ho giocato sulle probabilità licenziandomi con un misero 36.
Avevo già un posto di lavoro. Non mi interessava altro che cominciare a lavorare al più presto e rendermi economicamente indipendente.
Alla luce di oggi
Alla luce di oggi cercherei di aprire quel libro di italiano.
E' vero che in quel periodo la disfunzione della mia famiglia era alle stelle e che io sono riuscita comunque a fare miracoli ma non posso usare quel periodo come alibi.
La verità era che il mio desiderio di rendermi indipendente era più forte di qualsiasi altro pensiero.
La paura di non trovare lavoro e di sentirmi un peso per la mia famiglia era più forte di tutto.
Ma la verità, la mia verità, era che per la mia famiglia io ero un peso "comunque" sia che io lavorassi sia che io studiassi...sia che io vivessi con loro sia che io vivessi fuori...
Oggi forse sceglierei un altro indirizzo.
Avrei voluto fare la maestra e lavorare con i bambini o fare l'insegnante in qualsiasi altro campo oppure l'interprete di spagnolo.
Non sono mai stata ambiziosa e non capisco chi si muove per "diventare qualcosa" e non per "essere se stesso" ma credo che a un passo dalla conclusione di un ciclo di studi, io abbia il dovere di concludere quel ciclo al meglio delle mie possibilità e non giocare (come feci io) sulle probabilità.
Oggi, a bocce ferme, scelgo di continuare a studiare calmierando la mia insaziabile sete di conoscenza vivendo di un lavoro onesto che non mi ha fatto "diventare" nessuno ma che mi consente di rimanere economicamente autosufficiente.
un membro ACA
Ero vicina alla maturità. Mai rimandata nè bocciata. Un curriculum di studi perfetto tranne che per il costante otto in condotta.
A marzo del 1977 cominciai a pensare al lavoro consapevole che il mondo lavorativo aveva ben poco da offrirmi. Su indicazione e consiglio dei maestri elementari e dei professori delle medie, avevo "scelto" un indirizzo tecnico-professionale che mi avrebbe fatto diventare un ottimo ragioniere ma detestavo anche solo l'idea di un ufficio chiuso, o di una banca o di uno studio qualsiasi.
Avrei voluto viaggiare o lavorare nel sociale ma non avevo la preparazione giusta e...
e mi passò la voglia di studiare
Smisi di andare a scuola e a nulla valsero le arrabbiature o i musi lunghi o tutto il resto.
Fui ammessa a maggioranza all'esame grazie al curriculum perfetto. Lo scritto di spagnolo fu il migliore di tutta la sessione e così pure quello di italiano. L'orale di ragioneria? Portai ragioneria come prima materia orale. Un suicidio. Ma io sapevo di sapere.
Ricordo che il professore membro interno, la nostra prof di spagnolo, era felice nel vedermi tener testa al prof di ragioneria che mi infilava domande trabocchetto una dietro l'altra per poi arrendersi di fronte alla mia perfetta preparazione.
Io ero riuscita a fare della Ragioneria e del Diritto delle materie tutt'altro che "rigide" e me le ero ricucite addosso alla mia maniera conoscendone ogni risvolto.
Secondo orale: italiano. Scena muta. Erano cinque anni che non aprivo un libro. A me non interessava e non mi era mai interessato sapere chi era questo o cosa pensava quello. Avevo sempre tenuto la media alta con gli scritti e la prof non si era mai accorta di quanto io non avessi mai studiato.
Scena muta. Ho finto di non ricordare più niente e ho giocato sulle probabilità licenziandomi con un misero 36.
Avevo già un posto di lavoro. Non mi interessava altro che cominciare a lavorare al più presto e rendermi economicamente indipendente.
Alla luce di oggi
Alla luce di oggi cercherei di aprire quel libro di italiano.
E' vero che in quel periodo la disfunzione della mia famiglia era alle stelle e che io sono riuscita comunque a fare miracoli ma non posso usare quel periodo come alibi.
La verità era che il mio desiderio di rendermi indipendente era più forte di qualsiasi altro pensiero.
La paura di non trovare lavoro e di sentirmi un peso per la mia famiglia era più forte di tutto.
Ma la verità, la mia verità, era che per la mia famiglia io ero un peso "comunque" sia che io lavorassi sia che io studiassi...sia che io vivessi con loro sia che io vivessi fuori...
Oggi forse sceglierei un altro indirizzo.
Avrei voluto fare la maestra e lavorare con i bambini o fare l'insegnante in qualsiasi altro campo oppure l'interprete di spagnolo.
Non sono mai stata ambiziosa e non capisco chi si muove per "diventare qualcosa" e non per "essere se stesso" ma credo che a un passo dalla conclusione di un ciclo di studi, io abbia il dovere di concludere quel ciclo al meglio delle mie possibilità e non giocare (come feci io) sulle probabilità.
Oggi, a bocce ferme, scelgo di continuare a studiare calmierando la mia insaziabile sete di conoscenza vivendo di un lavoro onesto che non mi ha fatto "diventare" nessuno ma che mi consente di rimanere economicamente autosufficiente.
un membro ACA